Un
ventuno aprile qualsiasi a casa mia, suona il telefono :
«Ciao
nonna come va ?»« Beh, certo ora si sta meglio che nel ‘45»
Oppure
«La zia è poi andata alle terme?»
« Si’
la zia quel giorno in piazza è venuta con te, lo so, me lo hai raccontato»
Mia
nonna ha raccontato dal 1946 ogni anno per sessant’anni la stessa storia ogni
21 aprile; a volte questo giorno cadeva nel fine settimana e io avevo l’onore
del racconto live.
Il
TG3 trasmetteva le immagini della liberazione di Bologna, filmati in bianco e
nero dell’entrata in città degli americani e della festosa accoglienza dei
bolognesi.
«Ecco
io e la zia eravamo proprio li’ a destra, no non mi si vede ma ero li’, avevo
una gonna blu, una camicetta chiara e ci eravamo date pure un po’ di rossetto.
I nonni si tenevano in disparte ma c’erano anche loro, l’unico che mancava era
tuo nonno.»
E
di solito qui alzava un po’ il tono per farsi sentire dal diretto interessato
che fingeva di risolvere un complicatissimo rebus, mio nonno non reagiva mai e
fissava imperterrito la pagina della settimana enigmistica.
Allora
mia nonna riprendeva :
«Perché
durante la guerra la mia famiglia ha nascosto per mesi rischiando la vita
quella di tuo nonno, prima in centro in via Mascarella poi dalla zia a San
Benedetto. Lassù pero’erano in tanti e cosi’, quando gli americani han
cominciato ad avvicinarsi, sono scesi nuovamente in città e abbiam trovato da
nasconderli a Villa Baruzziana, si’ proprio quella dei matti »
Altra
pausa, io guardavo mio nonno che continuava a non fare una piega e che sembrava
essere molto concentrato nel suo rebus.
Mia
nonna continuava, ora non parlava più con me ma guardava mio nonno con aria di
sfida:
«Quando
abbiam saputo dell’arrivo degli americani io sono subito salita all’Osservanza,
di corsa, che con la salita quasi mi veniva un infarto. Sam puoi scendere che
sono arrivati gli americani!» «Ma sei sicura?» «Ma si’, stanno entrando in
città, li ha visti il figlio della lattaia, potete uscire, dai che ci troviamo
tutti in piazza»
«Mah,
io per sicurezza starei un altro po’» «Ma come? Ma se ti dico che la guerra è
finita»
«Luisa,
vai tu a vedere, poi domani torni su e mi racconti se è tutto vero»
«Ecco,
sono venuti tutti tranne lui che d’altra parte è sempre stato un codardo.»
Affermava mia nonna con una
chiara punta di disprezzo lanciando un’occhiataccia a mio nonno che pareva
imbalsamato.
Narra la legenda che mia
nonna sia salita a Villa Baruzziana ogni giorno per far scendere mio nonno che
non ne voleva sapere e che alla fine ne sia uscito al decimo giorno quando è
andato a prenderlo suo padre dicendogli che altrimenti avrebbero dovuto pagare
il conto della sua permanenza lassù.
«Questa
è la causa» diceva mia nonna con aria severa.
«Causa
di cosa?» Chiesi io la prima volta che sentii la storia.
«Tuo nonno è matto, non
vedi? E’ perché è stato su dai matti
tutto quel tempo, quelle malattie si attaccano come l’influenza che
credi? »
E
dopo aver pronunciato questa frase in maniera solenne di solito la nonna si
alzava dal divano per andare in cucina a fare i piatti, e solo al rumore dei
tegami mio nonno alzava la testa dalla settimana enigmistica sorridendo sotto i
baffi e diceva qualcosa del tipo :
«Beh,
meglio qualche giorno in più a Villa Baruzziana che nelle mani dei tedeschi, e
poi non si stava mica male, c’era gente simpatica» E cosi’ si alzava pure lui
dalla poltorna appoggiando sul tavolino la settimana enigmistica e raggiungendo
mia nonna in cucina mentre io restavo perplessa in salotto. «Luisa che c’è per
pranzo?»
da compiti per scuola elementare di scrittura emiliana
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